sabato 18 aprile 2020

UN PICCOLO PASSO

Nell'albo illustrato un piccolo passo tre fratellini anatroccoli si sono persi nel bosco e vogliono al più presto raggiungere e ritrovare la loro mamma.  Il minore dei tre, il protagonista,  è triste e spaventato, vuole la sua mamma e non riesce a camminare perché ha le gambe tutte traballanti. Grazie all incoraggiamento dei fratelli, piccolo passo riesce, come dice il suo soprannome stesso, un passettino dopo l'altro ad intraprendere un lungo cammino che porterà gli anatroccoli dalla loro mamma. Per raggiungere i propri obiettivi è necessario procedere con costanza e tenacia, giorno dopo giorno,  senza abbattersi e questo è forse il messaggio principale che l'autore vuole trasmettere: ogni viaggio comincia con un piccolo passo. Il viaggio rappresenta metaforicamente la vita con le sue difficoltà, i suoi momenti duri da superare e i suoi alti e bassi. Secondo una chiave di lettura resiliente, un bambino piccolo, che ancora non ha acquisito le abilità motorie, può rivedere se stesso in piccolo passo. Può riconoscersi nelle sue paure, quella di non farcela a camminare, quella di volere la sua mamma,  quella di essersi perso. Queste preoccupazioni sembrano meno gravi se si ha affianco qualcuno che ci vuole bene e ci aiuta a reagire. In questo caso i due fratellini maggiori cercano di rassicurare piccolo passo e cercano di spiegargli, in maniera semplice e facilmente comprensibile, come camminare. Il loro modo di rivolgersi a lui è paziente, gentile e adatto all'età del piccolo. Sono due tutori di resilienza grazie ai quali il protagonista riesce, senza troppe fatiche a concludere al meglio il viaggio. Il trauma in questo racconto è in generale il fatto di essersi persi e la difficoltà sta nel dover fare un lungo percorso,  in particolare per piccolo passo è il non sapere camminare come i fratelli perché ancora cucciolo.
Per coinvolgerebbe ancora di più personalmente i piccoli destinatari di questo albo, l'autore inserisce il tema del ricongiungimento con la madre. I bambini che frequentano il nido, infatti, possono benissimo capire le sensazioni di piccolo passo quando rivede la mamma, perché vivono in prima persona la stessa cosa quotidianamente durante la routine del ricongiungimento appunto.
Le immagini fanno capire quanto piccoli siano i tre anatroccoli rispetto al bosco ai campi e alla radura. I colori usati sono solo il giallo e l'arancione e l'attenzione non viene mai posta su nessun soggetto in particolare. I due anatroccoli più grandi non sembrano spaventati o agitati ma con tranquillità pensavo a un modo per tornare a casa. Il bosco non viene disegnato con colori scuri o come un posto terrificante. L'utilizzo di figure semplici e chiare aiuta la comprensione della storia.

venerdì 17 aprile 2020

IL LUPO CHE VOLEVA ESSERE UNA PECORA

Il lupo che voleva essere una pecora è un albo illustrato di Mario Ramos. Già dal titolo è possibile capire che si tratta di una storia nella quale il protagonista vorrebbe essere qualcosa che non è.
Piccolo lupo, infatti, vorrebbe essere una pecora, soprattutto per realizzare il suo più grande sogno: toccare il cielo. Crede che le nuvole, per la loro forma e il loro colore, siano delle pecore. Una volta raggiunto il suo obiettivo, però, si accorge che quella di travestirsi da pecora non è stata una così buona idea. Infatti, un'aquila lo porta al proprio nido per poi mangiarselo. Dopo una serie di vicissitudini, il lupetto riesce a tornare a casa con la consapevolezza di non poter mai diventare una pecora e con la certezza di essere un lupo, ma un lupo speciale che è riuscito a toccare le nuvole.
Metaforicamente si può parlare di resilienza. Piccolo lupo potrebbe rappresentare un qualsiasi bambino che ha dei sogni particolari o vorrebbe essere ciò che non è e non trova comprensione negli altri quando lo spiega.."subito gli altri lupi scoppiano a ridere.."
Non viene preso seriamente in considerazione. Gli altri ridono invece di cercare di capire perchè piccolo lupo voglia essere una pecora, invece di fargli capire che dovrebbe apprezzare di più ciò che è in realtà. Piccolo lupo non è un tipo che si arrende facilmente. Vuole a tutti i costi ottenere quello che desidera. Da questo punto di vista il suo carattere è tipico delle persone resilienti. E' molto utile essere testardi e determinati per raggiungere i propri obiettivi nonostante le difficoltà. La storia ci fa capire che i modelli, che spesso sono presi come esempi da seguire, non sono sempre positivi. Il voler essere una pecora, infatti, porta il nostro lupetto in situazioni spiacevoli e difficili da affrontare. Se fosse rimasto se stesso tutto ciò non sarebbe successo. Per questo si sottolinea l'importanza di valorizzare la propria speciale identità, di apprezzarla, anche se non sempre rispecchia come si vorrebbe apparire agli occhi degli altri. Se i lupi del branco, invece di deridere il protagonista, gli avessero fatto capire quanto fosse bello e unico, quanto fosse pieno di qualità, probabilmente non avrebbe cercato di assomigliare a qualcun altro. Così, se un bambino sa quello che vale, ha vicino persone che gli vogliono bene e lo fanno sentire importante, avrà di conseguenza più autostima, più sicurezza e non sentirà il bisogno di cercare in qualche modello esterno, spesso inadeguato, qualcosa che lo faccia sentire più accettato. Attraverso le parole e le immagini, quest'albo illustrato ben rappresenta la confusione interiore presente nelle persone che cercano di capire chi sono realmente e le difficoltà che si incontrano nel ricercare se stessi, lavoro non sempre semplice e immediato.


giovedì 16 ottobre 2014

Beniamino

Beniamino è un pinguino che si sveglia una mattina e si ritrova tutto colorato di rosa. È spaventato, "...i maschi non sono rosa!...". Ha paura di quello che potrebbero dire i suoi compagni di scuola, non vuole essere preso in giro. Una mattina decide di partire e raggiungere i fenicotteri in Africa. 
Suo  papà gli aveva letto un libro, per tirarlo su di morale, nel quale erano illustrati uccelli di tutto il mondo tra cui proprio i fenicotteri e aveva spiegato al figlio che loro sono tutti rosa, anche i maschi. Una volta giunto in Africa, però, Beniamino si rende conto di non poter stare insieme a questi strani uccelli rosa dai "...lunghi colli e zampe ossute...", per niente simili a lui se non per il colore. Il loro modo di mangiare è completamente diverso e in più non sanno volare!
Beniamino torna così a casa dopo un lungo viaggio e a sorpresa scopre di essere mancato molto ai suoi genitori, ma soprattutto ai suoi amici che ora non lo deridono più, anzi, sono contenti di vederlo e sono affascinati dai racconti del suo viaggio. 
In quest'albo illustrato è chiaro il tema della diversità. L'essere diverso che spesso fa sentire a disagio, soprattutto se non ci si sente accettati. Beniamino si sente diverso dagli altri, inoltre, essendo un maschio è ancora più umiliante per lui essere diventato rosa, colore femminile per eccellenza. Ecco allora che emerge anche la questione degli stereotipi (rosa=femmina) che spesso sono difficili da sradicare e Beniamino lo sa bene quando già sa che i suoi compagni lo prederanno in giro. 
Beniamino è resiliente perché nonostante la "difficoltà", l'essere diverso, va comunque a scuola, ha il coraggio di affrontare un lungo viaggio per ritrovare se stesso tra i fenicotteri e quando capisce che il suo posto è comunque tra gli altri pinguini, torna a casa senza sapere se lo aspetteranno altre prese in giro, ma consapevole che sia la cosa più giusta per lui. 
I suoi genitori fungono da fattori protettivi: sua madre lo tranquillizza mentre suo padre gli spiega che al mondo esistono altri maschi rosa come lui. Inoltre quando decide di partire non si oppongono, permettendogli così di fare un'esperienza che sarà utile per lui, per riscoprirsi.
Dopo il viaggio in Africa, altri fattori di protezione sono riscontrabili nella figura del maestro, che chiede al protagonista di raccontare dei suoi viaggi, dandogli attenzione e facendolo sentire importante; nei suoi amici che gli fanno molte domande interessati e in particolare nel suo amico Arturo che è contentissimo sia ritornato. 
La storia insegna ad accettare le differenze, accettare quindi gli altri anche se diversi per svariati motivi e ad accettarsi in primo luogo, indipendentemente da quello che può essere un deficit, il colore della pelle, la lingua, l'aspetto fisico o le doti personali un po' fuori dalla norma, l'orientamento sessuale. Il rischio che si corre se non si accettano le diversità è quello di isolarle, emarginare le persone che non si sentono come gli altri e renderle insicure, tristi, con poca stima in loro stesse, pervase da sentimenti di inferiorità. Se invece si valorizzano i punti che rendono originale ciascuno, come fanno i personaggi dell'albo illustrato al ritorno di Beniamino, e si fanno diventare punti di forza, allora la persona "diversa" diventa resiliente, ovvero non si sente fuori luogo o inferiore, ma ben inserita nel gruppo di appartenenza. 
Interessante notare come il titolo dell'albo illustrato cambi dall'edizione inglese alla traduzione italiana e metta in evidenza due soggetti diversi. Il titolo originale è "Pink", cioè rosa, mentre quello italiano è "Beniamino". Il primo mette in risalto il colore del pinguino, il "difetto", l'elemento che lo fa sentire strano. Il secondo, invece, è il nome del pinguino, sottolinea così la sua persona, la sua personalità, il suo essere che è più importante del suo colore: il protagonista è semplicemente Beniamino, non un pinguino rosa!
Le illustrazioni sono molto colorate e, seguendo la storia passo passo, la rappresentano in maniera fedele, solo guardandole si potrebbe fare un racconto molto simile a quello scritto. 
                                                  





venerdì 10 ottobre 2014

Il sassolino di Niti

Niti è l'elefantina protagonista dell'albo illustrato intitolato "Il sassolino di Niti". Con il titolo, l'autrice ha voluto mettere in risalto il disagio che prova Niti; il sassolino che ha nel pancino rappresenta,infatti, l'ansia, lo stress, un peso che non la fa dormire, un pensiero fisso, sempre presente consciamente e inconsciamente. Niti sente questo sassolino dopo un fatto in particolare: aver provato a barrire come la mamma, ma non esserci riuscita. È evidente che ciò l'ha demoralizzata e l'ha resa triste. Il fatto di non riuscire in qualcosa spesso porta sconforto e insoddisfazione. 
Niti decide di svagarsi andando da sola a fare una passeggiata e fortunatamente incontra un gruppo di cuccioli che stanno cantando. Quel suono le piace molto, resta lì ad ascoltare. Una scimmia poi la invita ad unirsi al loro canto. Niti inizialmente si giustifica dicendo di non essere capace di barrire, ma poi quando anche il leopardo le dice di non saper ruggire, come del resto tutti i cuccioli ancora piccoli che non sanno ancora riprodurre il verso dei genitori, prende coraggio e senza vergognarsi canta sempre più forte. Tutti i giorni canta insieme a loro e si accorge che il sassolino che le dava fastidio si è trasformato in un tenero fiore di loto. 
Il sassolino, ovvero il problema, non si è eliminato, ma si è trasformato in un qualcosa di più bello, di positivo. Si può, quindi, dire che è una storia resiliente perché la difficoltà resta comunque parte integrante dell'individuo, ma diventa un vantaggio, una risorsa, un elemento che aiuta a diventare più forti, che non provoca più disagio. Il suo barrito lieve ben si unisce agli altri versi, se fosse stato più forte probabilmente li avrebbe coperti e non sarebbe stato bene nel gruppo.
Niti è un cucciolo che sta crescendo e i bambini, proprio come lei, possono riscontrare le stesse difficoltà durante la loro crescita per quanto riguarda l'acquisizione del linguaggio. 
Niti riesce ad essere resiliente, infatti dimostra di avere coraggio, di non arrendersi alla prima sconfitta, di voler cercare qualcosa che la faccia star meglio. Riesce comunque a fare tutto ciò grazie all'affetto e il calore che le trasmettono la mamma e la nonna. Sono due figure familiari importanti, sono due tutori di resilienza che hanno cresciuto l'elefantina con amore, facendola sentire importante e lo si capisce dal fatto che la riempiono di coccole e baci,le trasmettono calore e sicurezza. 
Niti sa, quindi, che anche se non sarà perfetta in tutto e per tutto avrà comunque attorno persone che le vogliono bene per come è.
Nel racconto non viene mai nominato il padre. Questo fatto vuol far capire a tutti i bambini che magari non hanno una famiglia, così come la maggior parte della gente la intende, composta da mamma e papà, che è comunque possibile superare momenti difficili. La situazione in cui si trova la protagonista potrebbe essere quella di un bambino a cui è morto il papà o che ha genitori separati. Se si hanno attorno adulti di riferimento solidi e significativi, che non fanno sentire la mancanza di una persona importante che dovrebbe esserci, ma anzi cercano di svolgerne i compiti e i ruoli, è più facile crescere in un ambiente sereno, tranquillo, positivo ed equilibrato.





mercoledì 1 ottobre 2014

Quando avevo paura del buio

"Quando avevo paura del buio" racconta la storia di Roberto, un bambino a cui non piace andare in cameretta a dormire perché ha paura del buio e dei mostri che vi si nascondono. Nonostante le rassicurazioni della mamma, Roberto non riesce a prendere sonno e vede mostri dappertutto. Ad un tratto si accorge che Orsetto, il suo peluche non è a letto con lui, ma in una cassapanca dall'altra parte della stanza. Decide di salvarlo, si fa coraggio, lo porta sotto le coperte con sé e a quel punto è Orsetto stesso a rassicurarlo dicendogli che se avesse avuto paura sarebbe bastato abbracciarlo forte e contare fino al dieci. Roberto ci prova e la sua paura se ne va.
In questo albo illustrato il tema della resilienza non viene trattato in modo esplicito, ma ci sono alcuni elementi che ne caratterizzano la presenza. Roberto ha una paura, quella del buio e dei mostri. Queste due paure sono le metafore di tutte le varie paure che possono affliggere i bambini o comunque di tutte quelle situazioni che li rendono inquieti, spaventati e non sereni.
Roberto che si fa forza e va a salvare il suo orsacchiotto, oltre al tema dell'importanza della fantasia e del gioco, fa emergere un altro elemento tipico dell'essere resilienti ovvero la capacità di vedersi dal di fuori, "...importanza del sapersi dissociare da se stessi, per non confondersi con il fatto doloroso che si sta vivendo...".
Infatti il bambino protagonista si rivede nel pupazzo lasciato solo al buio e decide di diventare suo salvatore. La situazione poi si ribalta quando, una volta al sicuro sotto le coperte, Orsetto diventa invece tutore di resilienza immaginario per Roberto. Oltre alle parole di Orsetto, che dimostrano come "...il contatto caloroso e sensibile con l'altro aiuti a reagire...", il fatto del contatto ricorda il rapporto madre-bambino e la teoria dell'attaccamento. Un attaccamento sicuro è fondamentale per diventare resilienti, è un fattore di protezione essenziale che permette al bambino di sviluppare al meglio l'autostima e di non avere grossi problemi nell'affrontare situazioni diverse dal solito, anzi, essendo curioso, fiducioso e sicuro. Orsetto, quindi, può rappresentare la figura materna, che è la figura di attaccamento per eccellenza, ma anche quella di un qualsiasi altro tutore, adulto significativo che aiuta ad affrontare con coraggio e forza momenti difficili.
L'albo illustrato si conclude con l'immagine di Roberto e Orsetto che dormono vicini e con le due pagine successive tutte di colore blu scuro/nero che stanno ad indicare che ciò che faceva paura non si è eliminato, ad esempio accendendo la luce, ma è rimasto e ci si riesce lo stesso a convivere.


martedì 30 settembre 2014

Il bell'anatroccolo


"Il bell'anatroccolo" è la storia di un anatroccolo a cui piace fare molte cose: cucinare, dipingere, vestirsi di rosa, fare i lavori di casa. È un anatroccolo maschio, ma si comporta come una "femminuccia" e viene per questo preso in giro. 
Quando giunge l'inverno e arriva il momento di migrare verso zone più calde, l'anatroccolo decide di cavarsela da solo nella sua nuova tana e riesce anche a prendersi cura di suo padre, ferito subito dopo aver spiccato il volo, da un cacciatore. 
Elmer dimostra di saper affrontare una situazione che per tutte le altre anatre come lui sarebbe stata impensabile. E riesce a farlo grazie alle sue qualità speciali. Convince anche il padre che inizialmente non lo considerava nemmeno più suo figlio, lo vedeva come una vergogna, mentre successivamente lo elogerà davanti a tutti i componenti dello stormo una volta tornata la primavera. 
Il racconto ha un lieto fine: Elmer ammirato da tutti, soprattutto da chi lo derideva, è considerato un eroe. 
In Elmer si possono rispecchiare tutti quei bambini che non si sentono come gli altri, che pensano di aver qualche aspetto di se stessi che li rende "diversi" dal comune e che può trovare delle difficoltà nell'emergere per paura del giudizio negativo delle persone.
Il protagonista de "Il bell'anatroccolo" insegna che si deve essere sempre se stessi, a non rinunciare mai alle cose che ci fanno sentire bene solo perché motivo di pettegolezzi e non adeguarci a come ci vorrebbero gli altri. 
Il padre di Elmer non lo accetta, lo vorrebbe diverso, vorrebbe cambiasse in base ai suoi desideri, non tenendo conto di quello che, invece, fa realmente felice suo figlio. 
La madre, al contrario, lo riempie di affetto e gli ripete di essere speciale. È lei il tutore di resilienza. Il piccolo anatroccolo sa di poter sempre contare sulla mamma, che lo accetta così com'è e vuole solo rispettare le sue inclinazioni. 
Classico di chi è resiliente è usare le difficoltà, in questo caso quello che gli altri vedono come inusuale e strano, come punti di forza. Elmer, infatti, fa in modo che le sue passioni, le sue doti, diventino propedeutiche per la sopravvivenza in condizioni a cui non è abituato. 
Il tema trattato è sia quello del "diverso", della discriminazione, ma anche quello degli stereotipi tra i generi. Spesso si pensa che i ruoli da ciascuno incarnati, maschio e femmina, debbano essere ben distinti e quelli dell'uno non possano mescolarsi con quelli dell'altro e viceversa, pena l'essere considerati inadeguati o l'essere presi di mira da insulti e offese.
Il messaggio che la storia vuol trasmettere è comunque quello di non considerare peggiore o sminuire chi ha interessi, capacità diverse dalle nostre, o in generale dai più, perché ognuna di queste presenta la sua utilità e la sua bellezza e rende unici.
Il titolo ci ricorda quello di un'altra famosa storia di Hans Christian Andersen : "Il brutto anatroccolo". Anche in questo caso si parla di resilienza, di trauma superato positivamente. Il brutto anatroccolo diventa un bel cigno, si trasforma in un qualcosa di importante e ancora migliore in confronto alle aspettative e in confronto alle semplici anatre che prima lo deridevano. 


                                         

sabato 27 settembre 2014

Pezzettino

L'albo illustrato "Pezzettino" è la storia del personaggio Pezzettino, appunto. È molto piccolo mentre tutti i suoi amici sono grandi e fanno cose meravigliose. A Pezzettino viene, quindi, il dubbio di essere, come dice il nome stesso, un pezzettino di qualcun altro. Chiede a chiunque "sono un tuo pezzettino?", ma riceve sempre la stessa risposta negativa. Un giorno chiede a "Quello-saggio", che gli da un consiglio:andare sull'isola chi sono per scoprire chi è realmente. E così, giunto in quest'isola e rottosi in mille pezzi, il protagonista scopre di non appartenere a nessuno, ma di essere lui stesso composto da tanti pezzettini.
Quest'albo illustrato di Leo Lionni racconta una storia resiliente. Pezzettino non ha molta stima in se stesso, vede che gli altri sono più di lui in tutti i sensi e si sente inferiore, tanto da credere di essere un pezzo mancante di uno di loro. È la storia di un esserino che vuole scoprire la sua identità, vuole capire chi è realmente. Le immagini sono significative per comprendere il senso della storia. Pezzettino è un piccolo quadratino mentre i suoi amici sono disegnati in modo tale da sembrare formati da molteplici quadratini come lui. Quando Pezzettino cade e si rompe, si frantuma a sua volta in tanti quadratini. Capisce, allora, di non far parte di nessuno, ma di essere lui stesso composto da molte parti "...anche lui come tutti era fatto di tanti piccoli pezzi...".
Ogni persona ha dentro sè mille qualità, mille caratteristiche che la contraddistinguono da qualsiasi altra persona. Pezzettino così si appropria della sua identità, capisce di essere unico e speciale, ma non per questo peggiore degli altri. Anzi, se c'è una cosa che accomuna tutti i personaggi della storia è proprio l'avere la loro originalità che li contraddistingue.
"Pezzettino" invita i piccoli lettori ad essere sempre se stessi e a sapersi apprezzare per come si è.
Invita loro a guardarsi dentro, a scoprire le varie sfaccettature della propria personalità, i propri punti di forza e le proprie debolezze, invita ad avere più fiducia e considerazione in se stessi, a non credere di essere "invisibili", magari perché diversi dagli altri, ad avere più autostima in generale.
L'albo illustrato, letto con una chiave di lettura che mette in risalto il tema della resilienza, presenta:un bambino con le sue difficoltà, Pezzettino, che comunque risulta essere resiliente poiché non si abbatte, ma persevera nella ricerca della propria essenza; un tutore di resilienza che potrebbe essere "Quello-saggio" che consiglia di andare nell'isola, o l'isola "Chi-sono" stessa, che con i suoi scogli e le sue protuberanze fa sì che il protagonista, inciampando, si rompa; fattori protettivi sono presenti alla fine della storia e sono riscontrabili nell'appoggio degli amici, infatti, quando Pezzettino , felice di essersi ritrovato, torna da loro, tutti senza saperne bene il motivo sono comunque felici per lui. Questi stessi amici hanno un ruolo importante anche quando rispondono in maniera negativa alla domanda di pezzettino, spronandolo così indirettamente a non fermarsi nella sua ricerca.
In questo albo illustrato emerge anche implicitamente il tema dell'accettazione sociale, la paura di non essere simili ad altri che magari sono omologati rispetto ad un certo standard e quindi il tema molto attuale dei modelli da seguire che la società propone come ideali, ma che spesso sono lontani dalla realtà e dalla portata dei più.